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L’erba, 1000 modi di vedere un pascolo

Le bianche marchigiane in questo autunno arido e caldo siedono placide sotto gli alberi del campo che le ospita nei mesi estivi ed invernali quando l’erba è ferma per ragioni climatiche. Si sente in lontananza un trattore . Il suono aumenta in intensità e tutte le vacche insieme ai vitelli si alzano e cominciano ad affrettarsi per raggiungere la direzione di quel rumore. Dalla curva appare il carro falcia-carica erba  pieno di erba medica fresca . Il carro entra nel campo e comincia a far cadere grossi mucchi di erba appena falciata . Cominciano le danze . Le vacche e vitelli seguono il carro e agguantano l’erba mentre cade,  altre sono intorno ad un cumulo lasciato precedentemente.

Ecco cosa mangiano in questi giorni tutte le nostre mandrie al pascolo ,le madri con i vitelli e il toro ,marchigiane, limousine e meticce , i gruppi in accrescimento maschi e femmine  dai 7 ai 12 mesi e dai 12 ai 18 mesi. Ma la sola erba medica non è una dieta equilibrata per questo nei grandi porta-balloni cilindrici si trova sempre del buon fieno misto affienato in primavera e della paglia di orzo o di grano che viene appositamente pressata sia come alimento che come supporto alla lettiera naturale dei capi in stalla.

Ma all’inizio dell’anno cosa mangiavano? A gennaio  tutti erano a fieno di trifoglio, avena e loietto, un mix che si semina tra una cultura di cereali e una di leguminose oppure il magnifico primo taglio dell’erba medica ricco di graminacee come il lolium,il bromo,la festuca oltre che alla medica.  Fieno uguale a erba fatta essiccare con cura e conservata per i tempi duri. Sono fieni di più specie per cercare di fornire agli animali una varietà di alimenti

A febbraio le marchigiane erano già al pascolo su un campo in cui avevamo seminato un erbaio. Mangiando erba restituiscono sostanza organica al terreno. Le limousine e le meticce seguono il potatore Riccardo ; sono ghiotte dei rami di ulivo appena potati.  A marzo tutte le mandrie hanno iniziato i loro turni di pascolo. La primavera romana è lussuriosa, la vegetazione esplode e i nostri animali cambiano pascolo ogni due giorni. L’erba dura fino a fine giugno e i bovini si traformano, ingrassano ,il pelo diventa lucido e il latte per i vitelli è abbondante. Noi vediamo in un prato una grande massa verde. Loro vedono un magnifico buffet ricco di una grande varietà di piante che possono scegliere a secondo delle loro necessità. Il pascolo gestito razionalmente migliora la struttura del prato , del suolo e aumenta la biodiversità. I bovini mangiano l’erba quando è il momento ottimale e vengono fatti andare al campo successivo al momento giusto : la pianta riparte e il suolo è stato reintegrato si sostanza organica.

A luglio è pronto il nostro campo di sorgo. Lo falciamo e lo portiamo ai bovini ogni giorno. Quando il sorgo finisce si ricomincia con il fieno degli erbai finito di pressare a maggio. Un gruppo di maschi in accrescimento fortunato ha accesso al bosco e se la spassa.

Ad agosto altro sorgo e fieno e così a settembre a cui si aggiunge l’erba medica che non si può più affienare.  Poi da ottobre si dovrebbe ricominciare a pascolare. Non quest’anno.

Quindi solo erba. I bovini sono capaci di trasformare in proteine l’erba che noi umani non mangiamo. Restituiscono al terreno la sostanza organica sotto forma di feci che vengono subito colonizzate e trasformate in humus da una miriade di organismi.

Un po’ dei cereali che produciamo vengono utilizzati per preparare un mangime schiacciato che viene somministrato allo svezzamento come un dolcetto per fare amicizia con i giovani vitelli separati dalle mamme.  A seguire lo usiamo quando il fieno non ha le qualità ottimali oppure nella fase finale del l’ingrasso dei capi. Anche questo è parte dell’economia circolare dell’azienda che utilizza le risorse che produce. I vitelli a 18 mesi entrano in ampi box aperti . La lettiera naturale è gestita con la paglia e forma un substrato asciutto e pulito. Avvicinatevi e non sentirete alcun odore sgradevole.  Dalla lettiera si ricava il letame che dopo esser passato per il processo di compostaggio verrà distribuito nel nostro orto oppure sui campi dei cereali.

Erba ,pascoli sani, aria aperta sono il motivo per cui i nostri bovini sono sani. Non abbiamo bisogno di utilizzare antiparassitari ne tanto meno antibiotici.

Le fattrici possono raggiungere i 17 anni ,il toro marchigiano del nostro ragù aveva 13 anni.

Le manze e vitelloni sono macellati tra i 22 e i 24 mesi. Una crescita slow comparata a quello che normalmente avviene negli allevamenti convenzionali  e bio industriali.

Abbiamo un gruppo di femmine che alleviamo gestendole sempre  al pascolo. A volte le macelliamo anche a 26 mesi . E’ il nostro gruppo grassfed.

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VETERINARI E ALLEVATORI: UN UTILISSIMO CONFRONTO IN AZIENDA AGRICOLA BOCCEA

04 ottobre 2021

La dottoressa Francesca Pisseri, la nostra veterinaria aziendale ha organizzato un bellissimo corso per un gruppo di veterinari e allevatori.  Francesca è una grande esperta di agroecologia e applica anche da noi un metodo sistemico nella conduzione delle mandrie.

Sono state tre giornate in cui ci siamo immersi nello studio. Abbiamo approfondito la rotazione dei pascoli e affrontato l’importanza che hanno gli alimenti per la crescita e salute degli animali che alleviamo. Si è approfondito lo studio delle miscele degli erbai, le tecniche di coltivazione ed essiccamento del fieno.

Il gruppo degli allevatori e dei veterinari hanno condiviso le tecniche e le pratiche che utilizzano nelle aziende che seguono.

Abbiamo visitato i pascoli, il pollaio e l’orto accompagnati da Antonio, il nostro mandriano, e Carmela con Michele che seguono l’orto e i polli.

 I veterinari hanno esposto i loro studi sulle proprietà curative dei composti fitoterapici  Hanno spiegato ,tramite alcuni esempi, come impiegare  i preparati a base di piante e le accortezze da utilizzare. Sono stati illustrati studi sulle proprietà curative delle erbe presenti nei nostri pascoli.

Carmela consola un vitello rifiutato dalla madre

L’azienda agricola Boccea è un sistema in cui animali, ambiente e persone operano in sinergia per costruire un equilibrio dinamico che, giorno dopo giorno, si rinnova. L’attenzione alle necessità etologiche delle specie allevate è senza dubbio l’aspetto più evidente di questo sistema, dato che ancora oggi sono inusuali realtà in cui gli animali vengono allevati con la consapevolezza che il punto più alto di benessere si incontra quando le specie presenti sono più vicine alla loro natura, pur con una gestione sanitaria moderna e attenta. Meno evidente, ma altrettanto nobile, è l’attenzione riservata all’ambiente dove gli animali vivono: a Boccea la salute e la cura del suolo occupano un posto prioritario. Il suolo è fulcro della salute di questo sistema e, nella rotazione delle colture e nelle pratiche per aumentarne la fertilità, c’è la scelta consapevole di adottare pratiche che conservino e migliorino questa risorsa nel tempo. In un sistema come questo, che si fonda sull’utilizzo razionale del pascolo, uno dei problemi principali dell’allevamento industriale, ossia lo smaltimento delle deiezioni degli animali, diventa una risorsa irrinunciabile. Ne è ben consapevole Anna Federici, che racconta la storia di ogni appezzamento come di un vecchio amico, che monitora e pianifica in base alle stagioni, sapendo che la Natura e la sua tenuta non sono mai uguali a se stesse.

Un ringraziamento caloroso va quindi alla proprietaria dell’azienda Anna Federici ed alle persone che lavorano con lei, per l’accoglienza riservataci e, soprattutto, per la passione e dedizione che mettono in quello che fanno ogni giorno. Ci avete dimostrato che tutto questo è possibile e per questo vi saremo sempre riconoscenti. Dieci, cento, mille Boccea!

Angelica, Veterinaria

Polli Robusta Lionata e Robusta Maculata

L’Azienda Agricola Boccea è una delle rare realtà dove si può parlare veramente di benessere animale. Quando parliamo di benessere si intende che i nostri amici erbivori e onnivori fanno quello che per natura sono predisposti, lo stare semplicemente al pascolo, che al mondo di oggi è cosa molto rara. Mandrie di vacche e un bellissimo allevamento di polli che hanno la fortuna di conoscere e sentire il sapore dell’erba. L’essere umano nel corso della storia, spesso e volentieri, ha fatto più confusione che altro, ha chiuso gli animali in spazi stretti e cancellato intere razze solo perché meno produttive, creando così mostri. A Boccea la situazione è molto diversa: l’essere umano ha deciso non di chiudere ma di aprire, non di eliminare ma di introdurre, non di mettere nell’ombra ma di valorizzare, mettendo in primo piano gli animali, rispettandoli, controllandoli, seguendoli nella loro vita quotidiana nei pascoli. I meriti ovviamente vanno alla titolare, Anna Federici che ha deciso di intraprendere questa strada nel rispetto e nell’amore dei suoi animali giorno dopo giorno. La proprietaria è aperta ad ascoltare ogni esperienza, dà e cerca consigli, con lei trionfa la condivisione e svanisce l’indifferenza. Voglio spendere due parole nei confronti di due persone che aiutano l’azienda giorno dopo giorno nello svolgimento delle sue attività, Antonio e Carmela, una coppia straordinaria, grazie, grazie per i consigli, grazie per il tempo. Boccea un esempio da seguire.

Michele, Allevatore e Agricoltore

Antonio con i vitelli

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Ma è solo una questione di corna il problema della Biodinamica?

Riportiamo nel nostro blog, l’articolo apparso recentemente su Dagospia circa il grande dibattito che si è aperto sulla Biodinamica a seguito dell’intervento in Senato di Maria Elena Cattaneo. Nell’articolo è riportata la risposta di Anna Federici (imprenditrice agricola) a Mattia Feltri, intervenuto sul tema sul quotidiano LA STAMPA.

Ha scandalizzato scienziati e politici, ha sollazzato Mattia Feltri, l’approvazione in senato fra agricoltura biologica e biodinamica. Perché entrano in scena, per migliorare la qualità della produzione, corna di vacca o vesciche urinarie di cervo

A tutti replica un bio-agricoltore, Anna Federici: “Si sono mai chiesti cosa c’è all’interno di un corno di mucca? Non è uno stregone anche l’agronomo che gira per le campagne proponendo prodotti a base di ormoni miracolosi che fanno crescere le piante oppure diserbi e insetticidi chimici sterminatori?” Qual è la ‘’vera scienza’’?’’

La Vacca Spaziale di Mattia Feltri – LA STAMPA

“Ieri in senato è stata approvata l’equiparazione fra agricoltura biologica e biodinamica. Sono questioni di cui so meno di poco. In particolare pensavo che l’agricoltura biodinamica fosse una variante fondamentalista della biologica, ma un amico mi ha letteralmente ordinato di leggere l’intervento – disperato e spettacolare – tenuto dalla scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo.

Ho scoperto un mondo. I disciplinari internazionali di agricoltura biodinamica prevedono una forma di concimazione secondo il riempimento con letame di un corno di vacca primipara, quindi sotterrato in autunno e dissotterrato a Pasqua, infine miscelato e dinamizzato con acqua piovana o di pozzo; il gran beneficio deriva dalla capacità del corno di vacca, sinché la vacca è in vita, di catturare i raggi cosmici che si irradieranno poi nei campi per un raccolto galattico. La senatrice ha illustrato anche la dottrina della vescica di cervo imbottita di fiori di achillea, ma non mi fidavo più.

Sono andato a prendermi i disciplinari e li ho studiati. Aveva ragione lei. Sono il testo sacro della buona e sana agricoltura in collaborazione con le forze dell’universo, i vasi di terracotta, i crani ricolmati di corteccia di quercia e, se ho capito bene, basata sulle teorie della reincarnazione.

Intendiamoci, liberi tutti di produrre o pretendere cibo in armonia con alfa centauri, ma l’esito della legge è che la vescica di cervo si potrà finanziare coi contributi dello stato: nonostante la strenua opposizione di Elena Cattaneo, il senato ha detto sì alla vacca spaziale. Ma in fondo che ci importa? Tanto abbiamo il Recovery.”

Mattia feltri si è mai chiesto cosa c’è all’interno di un corno di mucca?

Anna federici, mail a Dagospia di Anna Federici, a capo di un’azienda agricola biodinamica

Premesso che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare, vorrei replicare a Mattia Feltri che fa lo spiritoso perché si parla di utilizzare un preparato che si è maturato all’interno di un corno di mucca. Bene, si è mai chiesto cosa c’è all’interno del corno? Ebbene, c’è una miriade di microorganismi che si moltiplicano esponenzialmente se disciolti in acqua calda.

Guarda caso molti di questi microorganismi sono funghi e batteri, responsabili della degradazione della materia organica in humus. Il teosofo tedesco Rudolf Steiner ne parlava in termini “esoterici”, ne esaltava la meraviglia. Mi domando: non è uno stregone anche l’agronomo che gira per le campagne proponendo prodotti a base di ormoni miracolosi che fanno crescere le piante oppure diserbi e insetticidi chimici sterminatori?

Quale agricoltore non vi è incappato? Sono questi risultati della ‘’vera scienza’’? Quali sono state, e sono, le conseguenze dei pesticidi, dei concimi chimici e degli allevamenti intensivi (anche biologici) sull’ambiente? Gli esempi e le vittime sono purtroppo numerosissimi.

Ancora vi chiedo dove è la ‘’vera scienza’’? La scienza indaga, studia, conosce ed è pronta a ritrattare. La scienza non detta legge. La scienza è un campo aperto: analizza il fenomeno in laboratorio e si confronta con il sistema complesso qual è un qualsiasi essere vivente o un ancor più vasto organismo qual è un ecosistema in cui convivono piante, animali, umani, microrganismi tutti interagenti fra loro. Si scopre che l’antico è migliore del nuovo.

La ricerca vuole indagare lo studio della complessità, e questo ambizioso e nobile scopo è possibile solo attraverso la partecipazione sistemica delle varie e numerose discipline. Si sta forse parlando di un nuovo umanesimo? Partendo dal presupposto che la terra è architettura, il padiglione Italia della 21esima Biennale di Venezia, curato in maniera geniale da Alessandro Melis e intitolato “comunità resilienti”, ne è il paradigma.

Un padiglione che non è piaciuto agli architetti ma ha eccitato biologi, ingegneri, filosofi, fisici, agricoltori e agronomi. E tutti insieme hanno lavorato per un’architettura che diventa medicina ecologica in sintonia con la madre terra. Così lo racconta Pierluigi Panza sul “Corriere della Sera”: “questi alambicchi hanno nomi da trattato teosofico: lo Sprandel è un insieme di biosfere che contengono semi di piante alimentari la cui crescita non è deterministica; il Genoma sono biosfere vitree ove crescono piantine in maniera variabile e lo Slime-mold è un fungo mucillaginoso pluricellulare «e resiliente» posto in una parete di vetro che crescerà e farà da frangisole. C’è anche la parete anti covid (ceramica bioattiva con particelle)”.

Vi prego, ancora un po’ di attenzione. Come si potrà ancora vivere insieme? Questo è il tema che madre terra ci chiede di studiare. Leggiamo ancora: “l’agricoltura è l’espressione dell’incontro tra uomo e natura, il quale influisce attivamente sui processi naturali”. Ancora: “…i prodotti di questa agricoltura devono orientarsi verso l’essere dell’uomo per poter veramente assolvere al proprio compito di diventare il cibo per la vita. L’allevamento, insieme al letame prodotto, è stato e sarà la base per la produzione agricola.

L’allevamento richiede la coltivazione di piante destinate all’alimentazione degli animali; l’allevamento dei bovini in particolare, richiede la produzione di foraggio grezzo ed e quindi un fattore determinante per l’impostazione della rotazioni colturale. La produzione vegetale è determinata dalle esigenze alimentari di uomo e animale e richiede che il suolo sia trattato con cura. Una coltivazione adatta al luogo tiene conto delle esigenze della pianta e del suolo, dell’animale e dell’uomo. Ecologia e agroecologia: visione sistemica”.        

Ed a proposito delle famigerate corna dei nostri bovini: “le corna dei ruminanti sono importanti per lo sviluppo delle forze vitali… Sono una parte dell’essere totale della vacca. Rispetto ad altri tipi di animali, il letame bovino ha un effetto particolarmente stimolante sulla fertilità del suolo. Le corna hanno anche una grande importanza come involucro nella produzione dei preparati biodinamici.”

Ed aggiungo che i recenti studi sull’etologia dei bovini hanno dimostrato l’importanza delle corna nelle costituzione delle gerarchie di una mandria, aspetto fondamentale per la resilienza del gruppo che vive al pascolo. Un linguaggio magico può essere tradotto anche in termini “scientifici- razionali”. E’ vera scienza invece tagliare le corna agli animali o selezionare animali senza corna?                                                                                            

Dove sono gli aspetti ecologici, e la difesa della biodiversità che abbiamo purtroppo perduto per incuria e per spavalda arroganza? Le pratiche biodinamiche e agro-ecologiche ci chiedono di far sì che la coltivazione, la trasformazione, la distribuzione dei nostri alimenti siano eseguite nel rispetto massimo dell’ambiente.

Biodiversità in Azienda Agricola Boccea

La responsabilità nei confronti dell’uomo e dell’ambiente devono essere alla base di ogni fase del processo. Ancora: ”l’agricoltura e la lavorazione biodinamica hanno il potenziale per dare contributi pratici per aiutare a risolvere le molteplici e gravi crisi che stanno colpendo il mondo vivente, compresi i cambiamenti climatici, il degrado del suolo, l’inquinamento e la perdita di biodiversità.  

A tal fine gli agricoltori dovrebbero tenere conto della loro responsabilità verso i sistemi ecologici locali, globali e verso il benessere delle generazioni future quando riflettono sulle loro imprese e prendono decisioni sulle loro attività”. È un parlare non solo agricolo, è anche politico, sociologico, filosofico, biologico. Forse per questo oggi nelle università si studia l’agro-ecologia, termine purtroppo meno poetico però più razionale .

Questo link https://www.demeter.it/wp-content/uploads/2015/08/standard-produzione-demeter-aggiornamento-2-2014.pdf vi connette al manuale degli standard dell’agricoltura biodinamica.

Si tratta di oltre 140  pagine le cui parole chiave sono: ecologia, sviluppo umano, creazione di valore economico, rapporto sociale, sostenibilità, libertà, solidarietà ,equità, olismo, rispetto, apertura mentale, impatto cosmico e spirituale empatia, senso di giustizia ricerca spirituale, responsabilità, interesse, partnership, correttezza, connessione con l’intero contesto.

Temi di studio assai cari all’agro-ecologia e all’agro-forestazione, discipline di studio innovative presenti nelle più importanti università europee e non solo.

Tre sono le pagine dedicate ai preparati che danno terribile scandalo (teschi, pelli di topo, corna di vacca o vesciche urinarie di cervo) all’interno di una parte del mondo scientifico meno interessato ad un approccio sinergico e multidisciplinare.

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Dall’Erba alla Carne

I bovini insieme agli ovini e ai caprini appartengono al mondo dei ruminanti.

Cosa significa? Perché sono così unici nel mondo dei mammiferi e così speciali?  Sono in grado di mangiare erba, foglie, paglia e quindi cellulosa per nutrirsi, crescere, partorire, allattare senza la necessità di mangiare cibi più raffinati, proteici o ricchi di amido. Insomma, i bovini mangiano ciò che i monogastrici, come gli onnivori e i carnivori, non sono in grado di fare.

Nella catena alimentare di un ecosistema sono le prede, cibo per i predatori. Gli uomini, fin dall’antichità, quando è nata l’agricoltura nella mezzaluna fertile del medio oriente, li hanno addomesticati e selezionati per la produzione del latte, dei formaggi, della carne e per lavorare i campi: si è lentamente instaurata una relazione di mutualismo  con la specie umana.

Eppure, tutti i ruminanti amano moltissimo le granaglie: per loro sono il dolcetto.

Tuttavia l’erba e le foglie sono la base della loro alimentazione. Così come per noi i troppi dolci non sono salutari, così per i bovini un’alimentazione ricca di granaglie acidifica e impigrisce il rumine. Pensate: i bovini hanno 4 stomaci ricchi di microorganismi che partecipano al processo della digestione. All’interno dei loro stomaci (come del resto anche nella nostra bocca e nel nostro intestino) esiste un complesso ecosistema, abitato da miriadi microorganismi che mantengono un equilibrio prezioso e che permettono che i processi digestivi funzionino.

Ecco perché le feci dei bovini sono così importanti per la fertilità dei suoli: pullulano di microorganismi e materia organica. Nel terreno, gli stessi microorganismi insieme agli insetti e alla microflora e fauna del terreno decompongono le fatte e le trasformano in preziosissimo humus. I semi che i bovini in natura ingeriscono interi si ritrovano nelle feci e contribuiscono a mantenere e ad incrementare la biodiversità dei pascoli.

Tutto questo costituisce un sistema complesso, meraviglioso e resiliente, sempre che non lo si rovini con i farmaci, i pesticidi o con una gestione errata.Ma allora, perché gli uomini decisero di dare anche un po’ di farina o granaglie schiacciate ai bovini?

In agricoltura è necessario utilizzare sistemi gestionali resilienti, cioè in grado di sopperire alle avversità climatiche. Una stagione asciutta, oppure situazioni climatiche come quelle del nostro Mediterraneo non garantiscono la presenza dell’erba tutto l’anno. Uomini ingegnosi del passato hanno scoperto che l’erba che cresce rapida e in eccedenza in primavera può essere essiccata e conservata sotto forma di fieno e se il fieno è fatto con maestria mantiene qualità nutritive eccellenti.

Ma a volte per dare agli animali più energia nelle stagioni fredde oppure per sopperire a fieni poveri e nutrirli nei periodi di siccità o gelo sono state inserite nella loro dieta, anche un po’ di granaglie; poche perché sono alimenti necessari anche all’uomo. Lo è stato fatto per permettergli di vivere meglio. Era una questione di utile impiego delle risorse. Un po’ di cibo umano veniva dato loro per ricevere in cambio latte per i formaggi e proteine dalla carne.

I tori erano allevati per la riproduzione e il lavoro, le vacche sempre per la riproduzione, il lavoro e il latte. Gli animali non erano così specializzati come le frisone attuali o le limousine da carne: animali in grado di produrre 40 l di latte al giorno ma che vengono riformati  dopo due sole lattazioni; vitelloni da ingrasso con ossa sottili e muscolature immense, non più adatti a pascolare, che devono essere macellati a 18 mesi: il mangime serve a rifornirli di grasso in abbondanza in tempi brevi.

L’industria vuole standard produttivi veloci e uniformi. Quindi si è smesso di pensare al benessere e alla salute degli animali e si sono voluti standardizzare i sistemi di produzione e la gestione. Sono nati i carri unifeed che mescolano le sostanze nutritive in base a rigidissime tabelle nutrizionali. Si consumano razioni che prevedono più granaglie che fieno e si usano gli insilati di mais. Gli animali non si possono muovere con agio. Si è accreditata la falsa credenza che il movimento renda le carni dure e che con il crescere dell’età la qualità della carne peggiori.

Questo sistema si è inceppato ed è diventato costoso e obsoleto; non rispetta il benessere animale e il benessere di chi ci lavora, richiede enormi risorse esterne e medicinali, per non parlare della scarsa qualità e  salubrità della carne e del latte che ne derivano.

Si parla molto della Vacca Vecchia Galiziana (in spagnolo vaca vieja galleg): è tra le carni più apprezzate e ricercate al mondo.  Chi ha avuto la fortuna di assaggiarla ne è rimasto entusiasta. Le caratteristiche organolettiche di questa carne – sapore intenso, profumo unico, spessa corteccia di grasso giallo – sono dovute ad un allevamento al pascolo. Bravi gli spagnoli? Si bravi perché hanno valorizzato dando un nome evocativo ad un allevamento dietro al quale c’è una filosofia ben precisa. Ma una cosa è certa: stiamo parlando di una carne pregiata, molto apprezzata ovunque venga proposta.

Con l’espressione Vacca Vecchia Galiziana non si vuole indicare una razza specifica, ma tutte le razze allevate in Galizia (comunità autonoma della Spagna situata a nord-ovest della penisola iberica). Ad ogni modo, quando si parla della Vacca Vecchia occorre fare un’ulteriore precisazione: è bene porre attenzione più sul singolo capo (il cui peso va dai 450 chili a una tonnellata) che sulla razza. Perché gran parte di queste vacche in realtà sono frutto di incroci e quindi ciò che è importante non è il loro ceppo di appartenenza ma il singolo esemplare, vale a dire come è cresciuto e maturato nel corso della sua vita.   I bravi macellai apprezzano molto la carne di una bella vacca matura. La danese o la fiorentina sono vacche adulte di razza chianina oppure danese.

Abbiamo deciso di lavorare per i nostri clienti questi bellissimi capi: le vacche meticce oppure limousine o marchigiane allevate in azienda come fattrici esclusivamente al pascolo. Hanno partorito diverse volte nel corso della loro vita. Sono di grandi dimensioni e possono avere anche un discreto numero di anni ma sono in ottima salute e ben ricoperte di muscolo e grasso. Può succedere per svariati motivi che una vacca smetta di partorire oppure che si decida di allevare capi più giovani. Allora decidiamo di macellarla e di venderla. Non è la vacca consunta o vecchia di un allevamento che l’ha sfruttata; è un capo grande, importante e che ha acquistato nel corso della sua vita al pascolo anche caratteristiche molto pregevoli da un punto di vista nutrizionale e organolettico.

La loro vocazione, in realtà, è quella di partorire, allattare e svezzare i vitelli. Pascolano libere tutto il giorno mangiando erba e foraggi, alimenti che, assorbendo gli umori del clima, trasferiscono alla carne profumi e sapori. La chiameremo, in italiano, la vacca vecchia allevata al pascolo e ad erba per non continuare a utilizzare i soliti anglicismi.

“È arrivato il momento di demolire il luogo comune che vuole che la carne migliore sia quella di animali giovani e che gli animali anziani debbano essere scartati, buttati via perché inutili, buoni per il brodo. Non è affatto vero: la vacca vecchia ha una carne ricca di qualità e di complessità, ricca di sapore, di carattere, è una carne che ha un’identità. Per l’industria è stato conveniente comunicarci il contrario e noi ce la siamo bevuta, perché ovviamente allevare un animale costa.  Ribaltiamo queste credenze e ridiamo dignità all’animale stesso, che non è più uno scarto, ma una risorsa preziosa per l’identità di un allevatore e di un territorio.” (Paolo Parisi)

Quest’autunno avremo 3 belle marchigiane per voi.

Dalla prossima primavera inizieremo una linea di manze allevate esclusivamente all’erba (grassfed).  Le lasceremo sempre all’aperto. Si nutriranno con l’erba dei pascoli e il fieno degli erbai. Raggiungeranno un‘età di 30 mesi. Saranno destinate esclusivamente alla vendita diretta.

Il segreto della qualità risiede nel tempo e nella terra, cose che costano. Perché dentro al tempo e alla terra c’è tutto: il cibo da dare agli animali, il mantenimento e le cure, la manodopera, la bassa produttività e soprattutto l’attesa…

Anna

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Allevamenti intensivi e allevamenti al pascolo: una differenza di importanza vitale!

Carne biologica, biodinamica, da allevamenti al pascolo, senza antibiotici negli ultimi mesi, da agricoltura convenzionale, da allevamenti intensivi oppure grass fed e poi ancora magra, grassa, rosso chiara, rosso scura, frollata e dry-aged argentina, danese, italiana!

Come districarsi tra tutte queste denominazioni, certificazioni e descrizioni? Evocano sentimenti e pensieri contradditori; spaventano, rassicurano, incuriosiscono, indignano e affascinano il consumatore.

È un panorama complesso, variegato che da lavoro a molte persone, che può migliorare una terra o distruggerla, che seduce perché evoca animali speciali, allevati con massaggi e musica, e tecniche di lavorazione moderne e speciali che rendono il macellaio un specie di mago. E sicuramente un bravo macellaio fa la differenza. Tagliare la carne a modo, conoscere le caratteristiche delle varie parti del bovino, capire la differenza fra un vitellone, una manza, una scottona, un vitello da latte vero da uno che beve latte artificiale, saper lavorare una meravigliosa vacca adulta richiede maestria, conoscenze e passione.

Ma ciò che fa la vera differenza nella qualità della carne bovina è il metodo con cui sono allevati. La macro-distinzione da fare e quella tra gli allevamenti intensivi e gli allevamenti al pascolo.

L’allevamento intensivo prevede la conduzione dei bovini nei feed lot e in stalla. Gli animali crescono uno vicino all’altro, con scarse possibilità di muoversi, in strutture chiuse o semi-chiuse, che possono accogliere un grande numero di capi. Vengono nutriti con una miscela composta da fieni triturati e mangimi (unifeed) e con insilati.
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Sono costantemente monitorati riguardo al loro stato di salute e si fa uso di antiparassitari e antibiotici in maniera generalizzata, per prevenire e curare eventuali malattie. Sono macellati di solito entro i 15/18 mesi di età.

Gli allevamenti intensivi convogliano i liquami degli animali in grandi vasconi di cemento. L’odore è forte e pungente e l’aria ne è appestata. I liquami vengono utilizzati per concimare i terreni secondo norme precise. Le acque piovane dilavano i terreni e contribuiscono ad inquinare le falde acquifere.

I bovini mangiano grandi quantità di granaglie coltivate su terre fertili, come la soia, che viaggiano da una parte all’altra del globo per raggiungere la destinazione finale. La produzione di gas serra è concentrata in stalla ed amplificata dai trasporti di mangimi.

Ci sono anche allevamenti intensivi certificati biologici. In questo caso si deve rispettare uno spazio maggiore tra i capi e i mangimi devono essere certificati BIO. L’utilizzo degli antibiotici è ammesso ma il tempo di carenza è doppio rispetto ai bovini allevati nell’agricoltura convenzionale. L’Unione Europea sta promuovendo una legislazione più severa riguardo all’utilizzo di antibiotici per evitare il grave problema dell’antibiotico resistenza. Si cerca anche di obbligare ad isolare i capi malati e a trattare solo quelli.

Gli allevamenti al pascolo possono essere sia convenzionali, che biologici e biodinamici. Gli animali vivono in mandrie composte da un certo numero di fattrici. La rimonta è naturale: il toro vive con le femmine tutto l’anno oppure un certo numero di mesi. I vitelli nascono al pascolo e vengono lasciati con le madri fino a sei mesi; a seconda della stagione e dell’organizzazione aziendale, mangiano fieni, erba e foglie che trovano al pascolo ed erba falciata e portata sui campi.
agricola- boccea agricoltura- bio roma allevamenti bovini bioNegli allevamenti convenzionali e BIO che fanno solo la linea vacca vitello, di solito i vitelli sono svezzati a sei mesi e venduti alle aziende che si occupano di ingrassarli per la vendita.

Nei veri allevamenti al pascolo i bovini restano in azienda per tutto il ciclo della loro vita. I vitelli sono sempre svezzati intorno ai sei mesi.  Se volete conoscere le regole che ci siamo dati per il loro allevamento e il loro benessere cliccate qui.

Il toro e le vacche vivono insieme tutto l’anno e mangiano esclusivamente fieni e erba. I capi svezzati rimangono chiusi per circa un mese per abituarli all’uomo e vengono alimentati con i nostri fieni aziendali e con una piccola quantità di mangime che chiamiamo di cortesia. I vitelli sono ghiotti di granaglie schiacciate. Per loro è come un dolcetto e apprezzano molto il mandriano che glielo porta. La quantità è minima, solo il 5% della razione.

Dividiamo i maschi dalle femmine e poi i due gruppi raggiungono i pascoli designati. Nella stagione dell’erba (primavera e parte dell’autunno) mangiano quello che la natura da loro.

I nostri pascoli sono gestiti, mai sovra-pascolati perché vogliamo che l’erba sia abbondante e spostiamo il nostro bestiame da un appezzamento all’altro. Quando manca il pascolo perché è arrivata l’estate oppure l’inverno ricevono erba falciata fresca oppure fieno e in questo caso diamo loro anche un po’ di granaglie (5%della loro alimentazione) soprattutto quando il fieno a causa della stagione non è di gran qualità.
agricola- boccea -agricoltura bio roma allevamenti bovini bioPassano gli ultimi 2/4 mesi in una struttura aperta con ampio spazio e lettiera di paglia  dove ingrassano sempre con fieni aziendali e granaglie schiacciate mai oltre 15%. Vengono macellati intorno ai 24/26 mesi.

Questo sistema ci permette di utilizzare anche i terreni più marginali inadatti alle coltivazioni dei cereali per uso umano. Ci permette di mantenere zone che altrimenti resterebbero incolte. Il rapporto tra emissioni di gas serra e assorbimento è negativo in quanto la ricrescita dell’erba consuma più CO2 di quanto un bovino ne possa emettere. Questo è possibile solo se si rispetta una attenta rotazione dei pascoli. Pensate a quante zone collinari e montane del nostro meraviglioso paese sono state abbandonate. Potrebbero diventare una fonte di lavoro e di cibo sano per tante persone.

L’allevamento al pascolo che rispetta una presenza di bovini per ettaro di circa uno o due capi, a seconda delle situazioni, permette di rispettare l’equilibrio ecologico dei nostri ecosistemi, garantisce il benessere animale perché rispetta la loro etologia di erbivori ruminanti.

Solo i bovini hanno la capacità di trasformare le fibre vegetali dell’erba e delle foglie in proteine nobili. Sono un vero è proprio laboratorio naturale che fornisce sostanze preziose a noi mono-gastrici.

Il mantenimento delle praterie tramite l’allevamento brado ben gestito, incrementa la biodiversità, previene le erosioni dei suoli, aumenta la fertilità dei terreni e riduce la produzione di gas serra .

 Spesso ci chiedono: come si fa ad amare gli animali e poi mangiarli?

Proviamo a pensare di non essere noi umani così speciali, unici e superiori a tutto. Cerchiamo di vederci inseriti in sistema naturale in cui tutto è connesso. Sentiamoci parte del ciclo della vita. Osserviamo la natura, guardiamo consapevolmente le interazioni tra i diversi essere viventi. Pratichiamo l’umiltà di utilizzare la scienza per conoscere e collaborare. Lavorare in sincronia con il mondo della natura non per stravolgerlo.

Noi siamo animali; siamo differenti dagli altri, siamo superiori? Dipende da che punto di vista guardiamo le nostre azioni e i risultati che ne conseguono.

Ringrazio sempre quello che ci danno i nostri animali.

Ho compassione e gratitudine nei loro confronti. Ma sono un animale della specie uomo e faccio parte di un’ecosistema.

Ogni ecosistema è diverso e va compreso, studiato e noi siamo chiamati a rispettarlo e a utilizzare ciò che ci offre con l’umana gratitudine di cui siamo capaci.

Anna Federici

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Siete Pronti per l’Agroecologia?

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È L’ECOLOGIA APPLICATA ALL’AGRICOLTURA – UN CONVEGNO, COORDINATO DA FRANCESCA PISSERI, FARÀ LUCE SU UN APPROCCIO AGRICOLO NUOVO. UN SISTEMA CHE RIDUCA AL MINIMO GLI INPUT CHIMICI E METTA IN SINERGIA LE RISORSE VEGETALI E ANIMALI. PERCHÉ IL BENESSERE ANIMALE È STRETTAMENTE COLLEGATO AL BENESSERE UMANO.

Perchè la rivoluzione agro-ecologica è un ritorno al futuro? Qual è il vantaggio di allevare al pascolo bovini, ovini e suini? E’ realmente fonte di benessere per gli animali e l’ambiente?
È un dato di fatto che la salute dei consumatori e degli operatori agricoli ne risulterebbe favorita, e il ricorso agli antibiotici sarebbe molto più limitato. La copertura del suolo dovuta alla presenza di erba e alberi ha effetti positivi sulla fertilità del terreno e sul sequestro di gas serra e previene i fenomeni di erosione del suolo. Il rispetto degli animali e lo studio dei complessi equilibri degli ecosistemi agricoli pongono le basi per  un allevamento sostenibile dal punto di vista etico, ambientale, economico e socio-territoriale. Questi saranno i temi discussi domenica 9 giugno alla Città dell’Altraeconomia nel convegno “ALLEVAMENTO AL PASCOLO E AGROECOLOGIA” patrocinato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e organizzato dalle associazioni italiane Agroecologia e Agroforestazione Francesca Pisseri, coordinatrice dell’evento, risponde alle nostre domande.

Cosa è l’agroecologia?
È l’ecologia applicata all’agricoltura. È una scienza, ma anche un movimento. È un approccio agricolo nuovo in cui si intende incentivare i cicli naturali unendo le produzioni vegetali a quelle animali con lo scopo di produrre meno rifiuti e meno inquinamento. Si ricerca l’autonomia dell’azienda agricola costruendo un sistema che riduca al minimo gli input chimici, diminuisca in maniera sostanziale  i consumi di energie non rinnovabili, consumi poca acqua e non emetta gas serra. Lo sviluppo di un’azienda sostenibile accresce la fertilità dei terreni tramite l’aumento della sostanza organica. L’uomo collabora con la natura che gli fornisce servizi ecosistemici e l’uomo deve imparare a servirsene. I sistemi mettono in sinergia le risorse vegetali e animali. Cambia la visione dell’uomo rispetto all’ambiente: non è più l’essere superiore che tutto può e tutto controlla ma è il ricercatore che impara a conoscere la natura e che vuole collaborare con intelligenza con l’ecosistema.

Perché è un “ritorno al futuro”?
I sistemi agricoli un tempo erano sostenibili perché si sviluppavano in un’economia circolare ed erano molto differenziati. Non esistevano le monoculture o i grandi allevamenti e le merci non si dovevano spostare da un continente all’altro. L’agroecologia propone un’azienda agricola molto diversificata, con produzioni animali e vegetali e contemporaneamente introduce innovazioni sia da un punto di vista di meccanica agraria che della comprensione della fisiologia animale e vegetale. Molto importante è l’utilizzo dei sistemi informatici di nuova generazione: agricoltura 2.0

Gli allevamenti bovini e in genere sono considerati tra i grandi responsabili dell’aumento dei gas serra. Perché?
I bovini allevati intensivamente emettono gas serra con le fermentazioni enteriche ma emettono gas serra sia le produzioni dei cereali utilizzati per i mangimi che lo stoccaggio dei liquami. Ogni volta che si lavora un terreno si emette gas serra sia perché si utilizzano i concimi chimici ma anche perché si utilizza combustibile per le lavorazioni. La mancanza di copertura vegetale del suolo nelle varie fasi della coltivazione produce gas serra.

In che modo allevare al pascolo può ribaltare la situazione ?
Il bovino, così come tutti gli animali pascolanti, mantiene le praterie naturali che sempre più vanno scomparendo. Le praterie captano la CO2, e gli animali al pascolo non generano liquami, mantengono la biodiversità, tesaurizzano l’acqua e danno bellezza al paesaggio. Un terreno inselvatichito rischia di perdere biodiversità. Inoltre fertilizzando i terreni arricchiscono il suolo di sostanza organica.

azienda agricola boccea agroecologia 2
Il benessere animale è strettamente collegato al benessere umano. Per quali motivi?
Le carni di animali allevati al pascolo sono ricche di antiossidanti e di omega 3. Sono meno grasse. I  bovini utilizzano gli antibiotici in casi estremi e quindi non si sviluppa il problema dell’antibiotico resistenza.

Tutte le riviste scientifiche lanciano allarmi sull’antibiotico-resistenza . In che modo allevare gli animali al pascolo può essere una soluzione?
Gli animali che possono pascolare e vivere in spazi consoni alla loro etologia e usufruiscono di una buona alimentazione , non sono soggetti a stress e vivono in condizioni dove il contagio è sfavorito dalla biodiversità. Le malattie batteriche sono poco frequenti e quindi c’è scarso bisogno di utilizzare gli antibiotici. Inoltre questo tipo di allevamento non forza gli animali a fare produzioni alte a tutti i costi.

Cosa significa Ecologia della salute? Perché è importante la riconnessione dell’uomo al proprio contesto di vita?
Collega la salute di un individuo o di una popolazione al luogo in cui vive, a cosa mangia e allo stile di vita che si conduce. Bisogna essere consapevoli e ricollegarsi agli ambienti in cui il cibo viene prodotto.

Quanto conta che il consumatore sia al corrente di come vengono prodotti e lavorati gli alimenti?
Si deforesta l’amazzonia per produrre la soia per i bovini allevati intensivamente  e produrre il latte da esportare in Cina. Le aziende diversificate creano i presupposti per la fioritura di produzioni e lavorazioni locali. Per questo è importante la sovranità alimentare e mangiare quello che è prodotto nel proprio paese. Tutti devono saper scegliere il cibo che comprano. Il consumatore deve essere consapevole dell’economia dei processi produttivi e responsabile della propria salute che è la salute di tutti.

Cosa possiamo dire a chi attacca le pratiche agroecologiche come non scientifiche e contrarie al progresso?
La nostra società non percepisce le solidissime basi scientifiche che sono dietro all’agroecologia. I sistemi ambientali non sono facili da studiare. La teoria dei sistemi complessi ci spiega che la legge della causa e dell’effetto non funziona in ambiti così articolati. Un evento può causare dieci, venti, cento effetti diversi. Non ci si trova in un laboratorio in cui il fenomeno può essere isolato. In agroecologia non si possono standardizzare i metodi di coltivazione e di allevamento. Si seguono dei principi ma il modello va ripensato e adattato al luogo in cui si trova l’azienda. Ne seguirà che anche i prodotti saranno meno standardizzati e avranno caratteristiche di maggiore variabilità e tipicità. Ricordiamo che l’agricoltura intensiva provoca un grande dispersione di risorse: produce molti rifiuti, inquina le falde acquifere e i corsi d’acqua con i nitrati provocando la eutrofizzazioni dei fiumi e dei mari, favorisce lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza, per non parlare dell’aspetto etico.

Cosa succede se non prendiamo provvedimenti ?
Si mettono a rischio le nostre riserve idriche che in molte zone del pianeta sono già limitate. Aumenta la produzione di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici che porteranno a situazioni sempre più estreme e imprevedibili. La fertilità dei suoli continuerà a diminuire e  produrre cibo diventerà sempre più dispendioso. Numerosi studi scientifici hanno già dimostrato i danni che provocano  alla salute umana i prodotti chimici applicati alle produzioni agricole.

Quali sono le azioni da intraprendere per ottenere risultati concreti
Si dovrebbero usare sempre di meno gli alimenti adatti all’uomo come i cereali e i semi proteici, quali per esempio la soia, per alimentare gli animali negli allevamenti intensivi. E’ una grande perdita energetica produrre 1k g di carne bovina con del mais o della soia invece che con erba e fieno. Bisogna consumare meno prodotti di origine animale, e mangiare solo quelli prodotti in maniera sostenibile, per la salute del pianeta e degli umani.

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